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RELAZIONE DEL GRUPPO DI STUDIO DELLA PARROCCHIA
SULL'AMBITO DELLA "FRAGILITA'"
DEL 4° CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE DI VERONA
In
ogni stagione della vita la persona è “umana”, cioè fragile, e in
tutte le generazioni si è fatta esperienza di fragilità. Questa
condizione esprime il proprio disagio soprattutto nella relazione io/tu;
quando si esprime come esperienza di male, sofferenza, quando l’altro
è ciò di cui s’avrebbe bisogno e non c’è.
Concepire
l’accoglienza delle fragilità, a cominciare dalle proprie, non è
facile neppure per un credente. Esistono, infatti, forme di sofferenza
che appaiono umanamente irrimediabili e di esse nessuno ne ha bisogno.
Eppure talvolta solo esperienze del genere permettono di scoprire che si
può mostrare il volto migliore di sé proprio nella massima fragilità
( propria o altrui). Chi è fragile sente il bisogno di qualcuno che gli
venga incontro, lo accolga, lo sostenga e lo incoraggi, lo abbia a cuore
e desiderandone il vero bene, lo ami e si spenda per lui. Soltanto chi
è fragile, quando vive nel suo impellente bisogno l’altrui amore per
sé, scopre la gioia di avere valore e si fa “nuovo” aprendo il suo
cuore ad altri.
È
possibile risolvere le fragilità seguendo tre vie: l’ascolto, l’accoglienza
dell’uomo e la condivisione vista non solo come risorsa ma
come dono. Quando si incontra una sofferenza ognuno di noi dovrebbe
avere, come primo atteggiamento quello di fermarsi per ascoltare,
guardare, per vedere e capire. Potrà non toccare a noi la risposta
necessaria, ma tocca sempre a noi l’ascolto, la vicinanza, il voler
andare a vedere cosa possiamo fare, cioè offrire speranza a chi la
chiede.
Questo
è vero nella storia personale di ognuno di noi, ma ci riguarda anche
come Chiesa, come gruppo di uomini che ha cuore
Dio e l’uomo e vuole saper vivere con e come Gesù,
manifestando lo stile di Dio che è quello di un amore gratuito, totale
e fedele anche quando non ricambiato.
In
effetti “…l’amore del prossimo non può essere soltanto un
comandamento imposto, per così dire dall’ esterno…” ma una
ragione di vita, un obiettivo da perseguire con determinazione, una
passione che proviene dalla consapevolezza di essere stati creati per
amore e per amare.
Nella
trasformazione delle nostre fragilità risiede il segreto
dell’autentica felicità e nell’attingimento della Vita Eterna e
quindi della gioia cristiana e della speranza nel presente e nel futuro
per ogni uomo. Proprio come ha fatto Gesù con tutti coloro che ha
incontrato durante la sua vita terrena, dando loro una speranza che
prima non c’era, un desiderio ed insieme un bisogno di ripartire da
capo e ha favorito lo scorrere di un’energia vitale positiva
riaccendendone la speranza!