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                                         RELAZIONE  del CONSIGLIO PARROCCHIALE

 Gruppo di lavoro ambito 2 :

 LAVORO E FESTA

 Il gruppo formato da 7 membri del consiglio pastorale ha iniziato i lavori partendo dalla lettura di alcuni paragrafi della lettera enciclica “Laborem exercens” e della lettera apostolica “ Dies Domini”. Si sono lette anche le relazioni  del convegno di Verona . In particolare ci si è soffermati sul diritto di ogni uomo al lavoro e sul dovere che ogni uomo ha di lavorare. Ci siamo domandati che cosa significa oggi ‘lavoro’, qual è oggi il suo senso nella nostra vita e se l’uomo riesce ad esprimere in esso la sua capacità di produzione e organizzazione sociale . Ci siamo anche chiesti ,visto le polemiche attuali sulla interferenza della Chiesa nella politica e in altri campi dell’etica e della morale , se la Chiesa potesse vantare qualche diritto di occuparsi dei problemi temporali dell’uomo e si è giunti alla conclusione che la Chiesa ha tutto il diritto di occuparsi di questi problemi perché ad essa sta a cuore la salvezza dell’uomo nella sua pienezza e quindi deve provvedere a curarne  la vita spirituale , materiale ed etica . Le encicliche sono l’espressione del pensiero della Chiesa e vanno perciò lette  con attenzione.

Sono state discusse le situazioni di precarietà, soprattutto fra i lavoratori più giovani, e le condizioni di lavoro per valorizzare l'autonomia personale e la creatività individuale. Sono emersi molti spunti su cui riflettere, anche nella prospettiva di una maggiore crescita della consapevolezza sociale di questi lavoratori.

Più che generalizzare , abbiamo preferito calarci nelle realtà locali. Da una parte si è fatto uno spaccato della situazione torremaggiore circa le varie forme di lavoro a cui possono aspirare i nostri concittadini: agricoltura, imprese artigiane, commercio , terziario, imprese di trasformazione del prodotto agricolo sul posto, vedi Cantine sociali e cantine private, imprese di conservazione di prodotti agricoli, salumifici. Dall’altra parte sono state prese in considerazioni le varie difficoltà che incontrano i lavoratori torremaggioresi nell’approccio col lavoro:  la disoccupazione giovanile  porta molti giovani, specialmente laureati, a lasciare il paese per portarsi al nord alla ricerca di una occupazione, lo stesso dicasi per muratori, carpentieri etc. L’unico settore in grado di offrire occupazione è  l’agricoltura che, a causa dell’enorme richiesta di mano d’opera in particolari periodi dell’anno in concomitanza con la raccolta dei prodotti, richiama un notevole numero di extracomunitari nel nostro centro. Spesso questi debbono lavorare in nero e sono sottopagati e costretti a fare i conti col caporalato e talvolta col mobbing. Altre forme di lavoro attualmente richieste sono nel sociale,  badanti, inservienti e donne di pulizia. La concorrenza spietata in alcuni campi ( vedi commercio e terziario) fa creare e chiudere in poco tempo posti di lavoro . In agricoltura la maggior parte dei nostri concittadini è proprietaria di piccoli appezzamenti di terreni coltivati e curati direttamente per cui i lavori vengono eseguiti nel tempo libero, molto spesso di domenicae questo vale in particolare per i braccianti, per gli impiegati e per i commercianti. L’obiettivo primario  resta comunque sempre quello del maggior guadagno possibile senza calcolare le ore di lavoro e le festività.

 Poiché il mondo del lavoro è in radicale trasformazione, con esso cambia anche il modo di vivere la festa. Per capire come queste realtà mutano, e per capire lo spazio che può avere la testimonianza cristiana della speranza in questo ambito, occorre ascoltare il ritmo dell’alternarsi di fatica e riposo. Si tratta però di vedere come vivere il lavoro, come vivere la festa, come vivere il loro rapporto, il loro tempo nella maniera giusta, da cristiani,  che spazio c’è oggi per la  festa e come essa può essere vissuta.  

Questa  non va confusa con il riposo settimanale, la festa deve  ritornare  ai suoi aspetti di tempo dedicato al rapporto con Dio, con la famiglia e con la comunità circostante, non tempo “vuoto”, riempito con l’evasione, il disimpegno e lo stordimento.

Ritornando ad uno spaccato della realtà Torremaggiore, non c’è uno stacco netto tra il lavoro e la festa in quanto spesso per festa si intende solo il recarsi alla messa nel pomeriggio e subito dopo la passeggiata d’obbligo nella pineta. Un altro modo di vivere la festa da noi è quella di uscire per svago, pub, ristoranti, cinema, sale da ballo, turismo. Non che queste cose non debbano essere presenti nella vita di un uomo, ma quando diventa routine settimanale, la festa diventa consumo o momento d’ozio, spesso vuoto e carico di noia e il lavoro viene inteso necessità per il consumo e la festa come necessità per liberarci dal peso del lavoro.

Riflettendo su come la nostra comunità cristiana  vive oggi queste problematiche sono emersi alcuni punti essenziali da prendere in considerazione al fine di ritrovare la giusta chiave di lettura del lavoro e del vivere la festa.

Vi è una scarsa attenzione   nelle  parrocchie nei confronti del mondo del lavoro , di qui nasce  l’esigenza di utilizzare la festa per  un effettivo recupero della Dottrina Sociale della Chiesa al fine di poter riempire spazi non più occupati o occupati in maniera inadeguata rafforzando fra i cristiani il senso di operare nel sociale ormai latente o addirittura assente. Conferenze e corsi della dottrina sociale della chiesa si potrebbero tenere in luoghi che non sono avvezzi a riceverla (sindacati, circoli, luoghi di lavoro e di ritrovo) promuovendo una pastorale più missionaria .

Si potrebbe creare una scuola di politica sana per chi intende abbracciare questa strada , in modo che una volta eletti i politici cristiani  possano essere esempi di rettitudine, di giusta operosità al servizio dei cittadini e in particolare dei più deboli e “senza santi in paradiso”.

Si potrebbe creare  all’interno di ogni parrocchia un osservatorio delle problematiche della parrocchia stessa, del quartiere o della città con laici volontari che  rilevino i dati e collaborino con le autorità proposte al fine di suscitare una progettualità concreta e fattiva.

Inutile soffermarsi sul fatto che la massima espressione del vivere la festa è quella di viverla con i più deboli e i malati e nella nostra parrocchia che gestisce due case di riposo, le occasioni non mancano. Manca invece l’educazione di mettersi al servizio, indossare l’ormai noto “grembiule” e anche se proprio non ci si vuole “sporcare troppo le mani”,darsi da fare nel sociale. Per vivere una giornata di festa niente di meglio che  l’oratorio all’ombra del campanile che  dovrebbe divenire luogo di socializzazione non solo per i ragazzi del quartiere ma anche per le rispettive famiglie. Deve essere vissuto come luogo di incontro per trascorrere un lasso di tempo insieme, scoprire gli altri, informarsi della loro vita e dei loro problemi e prodigarsi per risolverli con la pratica della carità e dell’amore. Per finire la giornata tutti insieme nella sala cine o teatro dell’oratorio per assistere ad uno spettacolo edificante e non di dubbia moralità. I giovani potrebbero fermarsi al microbar dell’oratorio a prendere un gelato e incontrarsi per chiacchierare del loro futuro invece di andare a cercare svaghi  o  “roba” che distruggono ogni speranza sui viali all’ombra di altri campanili. E’ un sogno ? Forse  è la speranza che tutto non è perduto e che ancora si può remare controcorrente ed essere uomini “diversi”. Con l’aiuto di Dio e dei nostri parroci indefessi e lungimiranti, ubriachi di speranza, queste domeniche potrebbero divenire realtà. La festa vissuta così sarà veramente festa, ci si stacca nobilmente dal lavoro e si favorisce la massima espressione del realizzarsi dell’uomo e del cristiano.

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