PARROCCHIA SAN NICOLA
                
                
                TORREMAGGIORE
                
                
                CATECHESI COMUNITARIE MENSILI: I SETTE VIZI CAPITALI
                
                 
                
                INVIDIA
                
                
                Oscar
                Wilde scriveva sapientemente che spesso è più facile
                condividere le sofferenze di un amico che non il suo successo.
                Infatti secondo il filosofo Spinoza: “L’invidia è quella
                disposizione che induce l’uomo a godere del male altrui e a
                rattristarsi dell’altrui bene”.
                
                
                Questo
                vizio ha una sua costanza e razionalità perché se la fortuna
                è cieca, l’invidia ha gli occhi. Infatti, se gli uomini non
                riconoscono mai la propria fortuna, quella degli altri a loro
                non sfugge mai.
                
                
                Scriveva
                Moravia in Nuovi racconti
                romani: “Dicono che gli amici si vedono nelle difficoltà…
                Io dico che gli amici li vedi nella fortuna, quando le cose ti
                vanno bene, e l’amico rimane indietro e tu vai avanti e ogni
                passo avanti che fai è per l’amico come un rimprovero o
                addirittura un insulto… Allora lo vedi l’amico. Se ti è
                veramente amico, lui si rallegra della tua fortuna, senza
                riserve… Ma se non ti è veramente amico, il tarlo
                dell’invidia gli entra nel cuore e glielo rode”. 
                
                
                L’invidia
                germoglia da un altro vizio capitale che è la superbia.
                L’invidia è l’attestazione di una totale e profonda
                frustrazione del proprio io che si sente inferiore rispetto a un
                altro e non si rassegna a questa sensazione o verità.
                
                
                Il
                successo e la supremazia dell’altro sono considerati un
                attentato all’identità dell’invidioso e quindi vissuti come
                un’ingiustizia. Per questo, più che preoccuparsi di acquisire
                le abilità e le eccellenze altrui, egli si studia di
                attaccarle, di criticarle, di sminuirle.
                
                
                L’invidioso
                è, infatti, una persona caratterizzata dall’insicurezza di
                chi teme di non avere un riconoscimento e rimedia a questa
                fragilità e debolezza aggredendo.
                
                
                Sicché,
                afferma l’Apostolo Giacomo che, alle sorgenti di “guerre e
                liti” c’è una triste spiegazione: “Bramate e non riuscite
                a possedere; invidiate e non riuscite a ottenere e, così,
                combattete e guerreggiate”(4,2).
                
                
                La
                stessa Bibbia delinea una catena di invidie deleterie. La
                Sapienza (2,24) scrive: “è infatti per invidia del diavolo
                che la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza quanti
                gli appartengono”. Nel primo atto di violenza omicida è la
                gelosia a scattare tra Caino e Abele: il primo è irritato e
                invidioso della benedizione divina che avvolge la fedeltà
                dell’altro (Gen 4,5). Segue la drammatica vicenda di Giuseppe
                che ha origine nell’invidia dei figli di Giacobbe nei
                confronti di questo loro fratello: “Vedendo che il loro padre
                amava più lui di tutti i suoi figli, odiavano Giuseppe, non
                potevano parlargli amichevolmente… ed erano invidiosi di
                lui” (Gen 37,4.11). Altrettanto tesa è la storia delle
                relazioni tra il re Saul ed il giovane Davide: “Le donne
                danzavano e cantavano alternandosi a cori: ‘Saul ha ucciso
                mille nemici, Davide diecimila’. Saul ne fu molto irritato e
                gli parvero pericolose quelle parole… Così da quel momento
                Saul s’ingelosì di Davide” (1Sam 18,7-9).
                
                
                Nel
                Nuovo Testamento ricordiamo la parabola del figlio prodigo nella
                quale si affaccia il gelosissimo fratello maggiore (Lc
                15,11-32), o quella degli operai che protestano ed esplodono
                dall’invidia, pur essendo stati regolarmente retribuiti come
                da contratto (Mt 20,1-16). Anche fra i cristiani di Filippi
                Paolo individua “alcuni che predicano Cristo per invidia e
                spirito di contesa… e rivalità e con intenzioni non pure”
                (Fil 1,15-17)
                
                
                È
                da distinguere, all’interno dell’invidia, una sua
                particolare forma con una sua fisionomia che si accende
                nell’ambito dell’amore: è la gelosia. Anch’essa, come gli
                altri vizi, nasce da una virtù o almeno da un sentimento
                autentico, l’amore totale e profondo per una persona, tant’è
                vero che spesso, quando ci si libera dalla gelosia è perché si
                è anche dissolto l’amore. 
                
                
                Il
                peccato della gelosia non è più mutua donazione, ma dominio e
                possesso dell’altro, che in tal modo diventa oggetto e non
                persona. Il Siracide esorta a non essere gelosi della sposa
                amata (9,1) ed è convinto che si tratti di una disgrazia, anzi,
                è fonte di “crepacuore e lutto una donna gelosa di
                un’altra” (26,6), ovviamente restando ferma la condanna
                dell’adulterio.
                
                
                
                 
                
                Con
                quale vaccino si può guarire da questa malattia spirituale?
                
                
                Anzitutto,
                se consideriamo che la sorgente ultima dell’invidia è la
                superbia, allora una prima soluzione potrebbe essere
                nell’umiltà. Infatti, spesso alla radice dell’invidia
                aggressiva c’è un successo frustrato, un orgoglio ferito.
                L’umiltà spegnerebbe e renderebbe immuni dalle ferite
                dell’orgoglio o dell’insuccesso. 
                
                
                Ma
                un’altra strada per superare tale vizio potrebbe essere
                l’amore, infatti S. Tommaso vede l’invidia come un peccato
                contro la carità. Anche Goethe scriveva che “contro la
                superiorità di un altro non c’è altro mezzo di salvezza
                all’infuori dell’amore”. Ed il sociologo Ferguson
                aggiungeva che: “chi desidera il bene altrui scopre che la
                felicità degli altri è la fonte più generosa per la propria
                felicità”. Ad esplicitare, infine, questo concetto sarà lo
                scrittore cattolico francese Georges Bernanos affermando che:
                “Il segreto della felicità è trovare la propria gioia nella
                gioia dell’altro”.
                
                
                La
                carità, l’amore è dunque al di sopra di tutto, come ci
                ricordava l’Apostolo Paolo, e copre e riempie i tanti vuoti di
                immaturità che si creano nella nostra vita.
                
                
                
                
                
                
                 a cura di don Angelo