Sito della Parrocchia  San Nicola - Via Fiani -  Torremaggiore (FG)
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ARROCCHIA SAN NICOLA

TORREMAGGIORE

CATECHESI COMUNITARIE MENSILI: I SETTE VIZI CAPITALI

Da Vitium: difetto, manchevolezza, imperfezione.

Tuttavia affermava lo scrittore austriaco Karl Kraus nei suoi Detti e contraddetti (1909): “Il vizio e la virtù sono parenti, come il carbone e i diamanti”. In effetti queste due realtà umane si rivelano connesse tra loro da una base comune, come il carbonio per i diamanti ed il carbone, ma al tempo stesso antitetiche. Per esempio lo sdegno può essere una virtù quando è appassionata difesa della giustizia violata, quando è protesta contro l’illegalità. Ma quando esplode come una bufera irrazionale e incontrollabile allora diventa ira, un peccato capitale. Allora? Vogliamo essere carboni o diamanti?

I 7 vizi capitali sono: Superbia, Avarizia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia, Pigrizia.

 

SUPERBIA

La parola “superbia” svela già il suo significato profondo a partire da quel “super” da cui è composta. Rimanda a qualcosa che sta sopra come superiore, eccezionale, straordinario…

In sé il concetto può essere positivo per indicare la cosiddetta “eccellenza”; diventa vizio quando la superiorità si fa aggressiva, prevaricatrice, sprezzante. San Tommaso d’Aquino l’aveva definita una “inordinata praesumptio alios superandi”, cioè, una disordinata presunzione nella propria superiorità rispetto agli altri.

Il filosofo Friedrich W. Nietzsche (fondatore del Superuomo) in Umano, troppo umano (1851) scriveva: “Chi possiede la superbia in sé, la possiede di solito in forma così brutale, da chiudere istintivamente gli occhi di fronte a essa per non doversi disprezzare”.

Essa si identifica con il peccato “originale”, radice di ogni altra colpa.

In Gen 3,5 vi è scritto: “Quando voi ne mangerete, si apriranno i vostri occhi e diventerete come Dio, conoscitori del bene e del male”. Questa è la superbia, il voler essere come Dio, arbitri della morale.

Nella Bibbia ci sono tanti altri testi che parlano della superbia: nel libro del profeta Ezechiele (28,2), il principe di Tiro è così interpellato: “Il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: io sono un dio, sono assiso su un seggio divino in mezzo ai mari! E invece tu sei un uomo e non un dio! Eppure hai voluto uguagliare la tua mente a quella di Dio”. Nel libro del profeta Isaia (14,13-15) parla il re babilonese: “Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il mio trono, risiederò sul monte dell’assemblea divina… salirò sulle regioni che sovrastano le nubi, mi farò uguale all’Altissimo!”. Ma subito l’irruzione del Signore che giudica il peccato della superbia: “E invece, sei stato precipitato negli inferi, scaraventato nelle profondità degli abissi”.

E ancora nei Proverbi (8,13): “Io, la Sapienza , detesto la superbia e l’arroganza”. Nel Salmo 131,1-2: “Signore, non si esalta il mio cuore, non si levano superbi i miei occhi, non cammino verso cose grandi o per me prodigiose. Io, invece, ho l’anima mia tranquilla e distesa (lett. pianeggiante): come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia”.

Un ritratto efficace di superbia è disegnato da Gesù in una delle sue parabole (Lc 18,9-14), il pubblicano ed il fariseo. Il primo stando “a distanza e non osando neppure levare gli occhi al cielo, si batte il petto dicendo: o Dio, abbi pietà di me, peccatore!”. L’altro, un fariseo, “in piedi prega così: o Dio, ti ringrazio di non essere come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri”. Conseguenze: l’altezzosità e l’essere pieni di sé sradicano i valori, invertendoli e deviandoli, facendo perdere il senso della misura, infatti è un’incapacità di distinguere fra l’io e Dio. Pertanto, la religione del superbo è l’egolatria, che è anch’essa idolatria. È un uomo impoverito di Dio e degli altri. È uno senza fiducia.

 a cura di don Angelo

                                     

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